http://roma.corriere.it/roma/notizie/arte_e_cultura/11_novembre_30/irish-film-festa-1902360650853.shtml
ROMA - Così lontana, così vicina. L'umanità,  l'apertura verso gli altri. E quella ferita, non ancora completamente  rimarginata, la scissione fra cattolici e protestanti. Raduna sempre una grande  folla il Festival del cinema irlandese «Irishfilmfesta», proposto dal 2007, ora  alla Casa del Cinema, da giovedì 1 dicembre a lunedì 5, con un ospite  d'eccezione come Stephen Rea. Se ne ricorderà il ruolo di carceriere dell'Ira  nel film «La moglie del soldato», che gli valse la nomination all'Oscar nel '93.  Terrà una masterclass dopo la proiezione del visionario «The butcher boy»  (inedito in Italia, sabato dalle 16) di Neil Jordan, che lo diresse anche  allora: forse il più conosciuto da noi, con Jim Sheridan, dei registi irlandesi.   
Il paese Fountain  raccontato in «Paradiso» Ponte ideale in una rassegna  che proporrà il meglio della produzione recente - lungometraggi, corti in  concorso, documentari, anche fiction per la tv - un lavoro dell'italiano  Alessandro Negrini (venerdì alle 16, per la prima volta a Roma), trapiantato da  lungo tempo in Irlanda. «Paradiso», prodotto dalla Bbc, racconta la battaglia  contro la paura - incallita dai tempi dei «Troubles» («disordini», ma è un  eufemismo) che hanno infiammato il Nord dell'Irlanda dagli anni '70 - portata  avanti da una combriccola di vecchietti decisi a riaprire la sala da ballo della  città di Derry. E a coinvolgere i cattolici nelle danze. «Può parere strano -  dice Negrini, anche poeta - ma davvero in questa città, come in altre, c'è un  quartiere invisibile circondato da un muro di sicurezza che lo separa dalla  cittadinanza cattolica. Si cresce con l'idea che l'identità sia data da un  nemico da combattere, ma c'è chi, come gli anziani del film, cerca una via  d'uscita. Fra i miei protagonisti, tutti reali, non c'è nessun attore. Hanno una  grande passione, il tango, che dà il tempo al film e diventa una metafora:  quell'andirivieni, senza mai sfiorarsi...».  
«The Guard» di John  Michael McDonagh Come è stato accolto, lei, in Irlanda?  «La mia gavetta l'ho fatta, prima bidello, poi clown nelle scuole per  pubblicizzare uno sconosciuto circo Tribertis. Ma per me che venivo da Torino è  stata una rivoluzione: cammini per strada, e i passanti ti salutano, anche se  non ti conoscono». 
«Nel ciclo - annuncia Susanna Pellis, direttrice  artistica del Festival - si evidenzierà la crescente capacità dei giovani  cineasti, privi di una tradizione come la nostra, di confezionare film che sono  opere d'arte». Più d'uno si rifà al genere poliziesco, ma non s'immaginino  intrecci alla «Seven». Il paradigma è «The guard» (giovedì alle 20.30), opera  prima di John Michael McDonagh, fratello esordiente ma già osannato del più noto  Martin, campione d'incassi Oltremanica, condito di black humour irlandese,  malinconico, ironico, «scorretto». Sul versante della cronaca, ecco «Parked»,  sabato alle 20.30, sull'amicizia fra un senzatetto e un giovane  tossicodipendente, e «The pier» di Gerard Hurley (domenica alle 18.30), accolto  in patria con standing ovation, fra i protagonisti Lili Taylor, musa del cinema  indipendente americano: un padre e un figlio che torna in Irlanda dopo una  trasferta in America. Curiosità: in soli tre giorni è stato girato «The ballad  of Des & Mo» (venerdì alle 18), con Kate O'Toole, figlia di Peter, di James  Fair docente e sperimentatore che terrà una lezione di cinema.
 
 
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